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Joseph Ki-Zerbo

foto di Joseph Ki-Zerbo
Joseph Ki-Zerbo

A quando l'Africa? Conversazioni con René Holenstein di Joseph Ki-Zerbo

«Il primo diritto-dovere di un uomo è quello di conoscere se stesso e gli altri.
Nell'elenco dei diritti fondamentali di ogni uomo e di ogni donna
dovrebbe comparire anche il diritto a essere conosciuti
e a essere conosciuti correttamente».

 

Joseph Ki-Zerbo (Toma, Alto Volta, 21 giugno 1922 - Ouagadougou, 4 dicembre 2006).
Storico e uomo politico burkina faso.

Cresciuto nel contesto rurale del suo villaggio natale, ne è stato profondamente influenzato: la sua radice africana, la sua concezione di grande famiglia ed il suo rapporto con la natura affondano le origini nell'ambiente contadino della sua infanzia.

Riceve l'educazione primaria presso alcune scuole missionarie e la formazione superiore a Dakar. Dopo la maturità, ottiene una borsa di studio per frequentare, a Parigi, la facoltà di storia della Sorbona e l'Institut d'Etudes Politiques. Laureatosi, consegue l'abilitazione all'insegnamento nelle scuole superiori.

Sin da studente comincia l'attività politica, prima nell'Associazione degli studenti dell'Alto Volta in Francia, poi nell'Associazione degli studenti cattolici africani, antillesi e malgasci. In quell'epoca conosce intellettuali quali lo storico senegalese Cheikh Anta Diop e Abdoulaye Wade, che nel 2000 sarebbe diventato Presidente del Senegal e matura il suo pensiero combattivo e anticolonialista.

È' professore di storia a Orleans e a Parigi, quindi in un liceo di Dakar, dove svolge anche attività sindacale. A Bamako conosce Jacqueline Coulibaly, figlia di un sindacalista del Mali, e la sposa. Nel 1957 fonda il Movimento di liberazione nazionale (MLN) presentando il manifesto a Kwame Nkrumah, il primo presidente del Ghana. Il programma politico del MLN è conciso e chiaro: indipendenza immediata, creazione degli Stati Uniti d'Africa e socialismo. Si impegna nella campagna d'opposione al referendum di Charles de Gaulle, condotta nei principali paesi dell'Africa occidentale. Tra questi solo in Guinea-Conakry prevale il no al referendum e si impone l'indipendenza immediata. L'allora presidente Sékou Touré chiama Ki-Zerbo con moglie e collaboratori in Guinea-Conakry, per riorganizzare il sistema scolastico dopo la partenza degli insegnanti francesi, richiamati in patria.

Nel 1960 lascia l'incarico affidatogli da Sékou Touré, per riprendere altrove la lotta indipendentista e rientra in Alto Volta. Per qualche anno insegna ad Ouagadougou, capitale dell'Alto Volta, primo insegnante delle scuole secondarie del paese. Nel 1965 viene nominato direttore generale dell'Educazione, della Gioventù e dello Sport ed in seguito comincia ad insegnare nell'università della capitale. Nel 1967 è tra i fondatori del Consiglio africano e malgascio per l'insegnamento superiore (CAMES) e ne diviene il segretario generale. Pubblica diversi scritti sulla cultura e la storia africana.

Nel 1972 dà alle stampe la celebre Histoire de l'Afrique noire, des origines à nos jours, opera capitale sulla storia africana, con la quale vengono spazzate le concezioni riduttive e razziste della storiografia europea tradizionale. In questa opera monumentale, edita in Italia da Einaudi, nel 1977, con una presentazione di Fernand Braudel, Ki-Zerbo documenta che lo sviluppo endogeno dell'Africa fu bloccato prima dalla tratta degli schiavi, poi dal colonialismo, ma soprattutto recupera le memorie, cancellate ad arte dagli europei, delle grandi civiltà africane. Sulla distruzione di quelle memorie, sulla dimostrazione pseudo-scientifica di inferiorità, scrive Ki-Zerbo, può crescere «il razzismo che intossica ancor oggi la mente di centinaia di milioni di esseri umani».

Prosegue nell'impegno politico, contribuendo alla nascita di un fronte popolare di opposizione al regime di Maurice Yaméogo. Il 3 gennaio 1966 il presidente Yaméogo cade grazie alle lotte del MLN. Nella breve stagione democratica, fino al colpo di stato del 1974, Ki-Zerbo partecipa alla vita politica del paese.

Tra il 1972 ed il 1978 è membro del consiglio dell'UNESCO e lavora, per conto della stessa organizzazione, alla storia dell'Africa in otto volumi intitolata Histoire générale de l'Afrique. Nel 1980 fonda il Centro studi per lo sviluppo africano (CEDA), impegnato, contro l'imperialismo, per l'affermazione di uno sviluppo endogeno dell'Africa, il cui motto suona: «Non si sviluppa, ci si sviluppa»; lo sviluppo non può essere portato dall'esterno, ma è un processo che si costruisce dall'interno, prendendo coscienza di se stessi delle proprie potenzialità.

Tra il 1983 ed il 1992, come maggiore oppositore del governo di Thomas Sankara, vive a Dakar, dove fonda il Centro di ricerca per lo sviluppo endogeno (CRDE) e insegna e svolge attività di ricerca presso l'Istituto fondamentale dell'Africa nera (IFAN).

Nel 1992 Ki-Zerbo e moglie rientrano in Burkina Faso, il cui sistema politico intanto è mutato, e fonda il Partito per la democrazia e il progresso (PDP), che diventa il maggiore partito di opposizione con Ki-Zerbo deputato. Nello stesso anno ottiene il premio Nobel alternativo (Right Livelihood Award). Nel 1998 si dimette da deputato a seguito dell'omicidio del giornalista Norbert Zongo.

Nel 2000 riceve il premio Kadhafi e, l'anno successivo, la laurea honoris causa dall'università di Padova.

Storico e politico, uomo di cultura e di azione, osservatore critico e partecipe degli avvenimenti nell'Africa della decolonizzazione, Joseph Ki-Zerbo è stato l' intellettuale africano che meglio ha saputo associare dottrina e azione politica, impegnato per l'affermazione della democrazia in Burkina Faso e nell'Africa intera. I suoi libri costituiscono punti di riferimento imprescindibili per la conoscenza della storia africana. Qualcuno ha scritto che anche il solo nome Ki-Zerbo rappresenta, per molti africani, un modo per andare alle fonti della propria identità.

A quando l'Africa? Conversazioni con René Holenstein (Emi, 2003)

In questo libro, una sorta di testamento politico, Ki-Zerbo fa i conti con guerre e diritti, tradizioni e identità, povertà e sfruttamento, "scienza senza coscienza", la grande ricchezza della cultura africana che il colonialismo ha cercato di distruggere, la necessità di rifondare la democrazia. Una prefigurazione del futuro partendo da un passato sconosciuto. Il grande storico e uomo d'azione riprende tutti i suoi temi: il recupero delle buone pratiche africane, le «manganellate» della Banca Mondiale al suo continente e l'insensata idea di copiare la politica dell'Occidente, la necessità di uno sviluppo endogeno, la scarsa utilità, in Africa, delle definizioni politiche europee, comprese quelle più classiche, come sinistra e destra. Ribadendo la necessità di re-imparare «l'arte africana del vivere, l'arte della solidarietà, dell'alterità, dell'apertura agli altri che gli europei non si ritrovano più a casa loro». Se questa cultura scomparirà, come sta avvenendo, sarà «un'apocalisse al rallentatore, una perdita enorme per l'umanità». Di grande interesse, quasi uno choc culturale per chi conosce solo l'Africa degli stereotipi, anche l'analisi sugli «elementi specificamente africani della democrazia», sulla «concezione africana della terapia» e, naturalmente, tutti i passaggi che riassumono le vicende storiche attraverso le quali un continente vene strappato: «Perché l'Africa si senta veramente viva deve ascoltarsi parlare: parlare fa parte della sua esistenza». Il silenzio compromette il futuro, cancella la speranza. Negli ultimi due capitoli di «A quando l'Africa?» ragiona sul ben-essere contrapposto al consumismo e su una possibile rinascita africana contro «il vangelo del neo-liberismo, questo tipo di pseudo-sviluppo dai costi cannibaleschi in termini di sacrifici umani». L'uomo del XXI secolo deve essere «aperto all'alterità (...) alle relazioni, ai legami umani, a un'etica universale e ai valori (...) L'economia solidale in Africa è una economia di condivisione basata sull'umanesimo (mogoya in lingua bambara, "l'umanitudine)». E nelle ultime pagine Ki-Zerbo, riallacciandosi a Marx che invitava a liberarsi «dagli aspetti puramente materialisti della produzione» così che l'umanità possa finalmente «dare il potere all'immaginazione e alla creatività», conclude: «Le persone che si coalizzano in nome dell'idea di una società civile internazionale, destinata a opporsi al Leviatano del mercato sordo, muto e cieco, costituiscono un progresso della coscienza collettiva. La coscienza è la responsabilità. E' la guida che governa il focolare incandescente dello spirito umano. E' il "cuore" che sarà pesato un giorno dal tribunale di Osiride».