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Edward W. Said

Presentazione del libro di Edward Said, Umanesimo e critica democratica (Il Saggiatore, 2007)

 

Edward Wadie Said (1 novembre 1935 - 24 settembre 2003).
Edwuard W. Said, famoso teorico letterario, critico e attivista politico palestino-americano, professore di Inglese e Letteratura comparata alla Columbia University, è stato tra gli intellettuali più stimati del nostro tempo, per l'importanza dei suoi studi critici ma anche per la coraggiosa militanza in difesa dei diritti umani.
E' nato a Gerusalemme nel 1935, erede di una ricca famiglia palestinese cristiana. Visse la fanciullezza tra il Cairo e Gerusalemme e fece i suoi primi studi nel prestigioso Victoria College del Cairo e nella Anglican St. George's Academy di Gerusalemme, dove ebbe compagni di scuola il futuro re di Giordania Hussein e Omar Sharif . Il giovane Edward rifiutò presto il modello educativo dei cosiddetti Wog (Westernaised Oriental Gentlemen) e, incoraggiato dal padre, imprenditore ambizioso ed esigente, si trasferì in un college del Massachusetts.
Nel 1948, con la nascita dello stato di Israele, la sua famiglia fu espropriata di tutti i beni. Diventato un rifugiato politico, Edwuard Said si è sempre battuto per i diritti del popolo palestinese, per uno stato binazionale, laico e democratico.
Said visse una vita intensa e brillante, ma anche scomoda, segnata da una ricchissima esperienza, ma anche dalla sofferta condizione dell'esilio, in bilico tra i luoghi più prestigiosi della cultura occidentale e un Medioriente agitato da ingiustizie e conflitti. Una rara forma di leucemia lo indusse, negli ultimi anni della vita, a raccontarsi in un'autobiografia avvincente, che contiene l'avventura degli incontri e delle idee ma anche la drammaticità della lotta e dell'esclusione e nella quale ha raccontato cosa significhi sentirsi "sempre nel posto sbagliato". Ripercorrendo la propria vita, rievocato un mondo affascinante in via di estinzione, ha dato voce alle sofferenze del popolo palestinese. Sempre nel posto sbagliato ha suscitato, al suo apparire, un feroce dibattito sui giornali americani, israeliani e inglesi, come a dimostrare che l'infaticabile impegno di Said continua ancora a generare fecondi insegnamenti e inquietudini.
Said è particolarmente conosciuto per la sua critica del concetto di "Orientalismo", che suggerisce una nuova metodologia di studio sul colonialismo: un modo di approcciarsi e di pensare l'oriente da parte degli occidentali costituito da un insieme di concezioni false e stereotipate. Concezioni dovute ad una visione del mondo di tipo eurocentrica, che ha come naturali conseguenze la creazione di opposizioni binarie fra ciò che è europeo e ciò che non lo è, al fine di creare un concetto di alterità e di ossessiva diversità nei confronti di tutto ciò che è diverso (ossia non occidentale).
Questo tipo di visione è stato reso possibile tramite una rappresentazione distorta, non sempre intenzionale ma comunque fattuale, dell'oriente (medio ed estremo). Questo tipo di rappresentazione di realtà fittizia appare lampante in diversi scrittori, politici e personaggi della cultura occidentale che si sono alternati nel corso dei secoli, da Dante a Shakespeare, Byron, Napoleone, Henry Kissinger e così via: una rappresentazione, quindi, non circoscrivibile ad unico paese, ma elaborata, per così dire, dall'intera cultura occidentale.
Tra le sue opere più importanti, ricordiamo: Orientalismo (1978), Dire la verità (1995), Cultura e imperialismo (1998), La questione palestinese (2004), l'autobiografia Sempre nel posto sbagliato (2000), Paralleli e paradossi, scritto con Daniel Barenboim (2004), La pace possibile (2005) e Umanesimo e critica democratica (2007)

Edward W. Said
Umanesimo e critica democratica
Cinque lezioni (Il Saggiatore, 2007)
Il libro contiene il testo, rivisto per la stampa, di cinque conferenze tenute alla Columbia University. In esso, dopo aver assistito al crollo delle torri gemelle nel 2001 e un anno prima della morte, Edward Said rivendica la possibilità di «criticare l'umanesimo in nome dell'umanesimo».
In contrapposizione a un cosmopolitismo elitario e a una deriva nazionalistica chiusa su se stessa, Said rilancia un nuovo umanesimo che recupera la precisione filologica, l'interpretazione critica delle fonti, la sensibilità storica della tradizione umanistica europea, aprendosi al dialogo con culture distanti.
Ripercorrere la storia della cultura con lo sguardo filologico significa per l'autore ricostruire gli intrecci e le condivisioni che caratterizzano i rapporti tra tradizioni diverse, sia pure nella conflittualità, come i rapporti tra mondo arabo, ebraico e cristiano. La filologia, come scienza critica della lettura, risulta quindi fondamentale per una conoscenza umanistica, in quanto antidoto contro lo stravolgimento dei testi sacri e profani quotidianamente operato dal linguaggio del potere e dei media.
Inizialmente concepiti per il pubblico accademico, destinatario privilegiato di tutta la sua vita e principale referente del suo insegnamento umanistico, questi scritti presentano un viaggio affascinante fra i testi e le parole. Insieme ad alcune delle voci più autorevoli del dibattito critico-filologico del Novecento Auerbach, Spitzer, Poirier Said definisce i tratti di un nuovo umanesimo militante adeguato a una visione autenticamente universalistica.

"Comprendere che cosa sia l'umanesimo, per noi, cittadini di questa particolare repubblica, significa intenderlo come democratico, aperto a tutte le classi e a tutte le provenienze, e come un processo di rivelazione e scoperta senza fine, un processo di autocritica e di liberazione. Potrei addirittura arrivare a dire che l'umanesimo è critica, critica diretta allo stato attuale delle cose, e che trae forza e rilevanza dal proprio carattere democratico, secolare e aperto."