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Quinto appuntamento di TEATRI CORSARI a Palma di Montechiaro

 

E' in corso di svolgimento la rassegna Teatri corsari,  Palazzo ducale, marzo-maggio 2012, realizzata dal Comune di Palma di Montechiaro in concorso con il CTS di Catania.Il prossimo appuntamento, dal titolo DOPPIO LEGAME,si colloca nell'ambito della Settimana della cultura e avrà luogo giovedì, 3 maggio alle ore 18,30 nel Palazzo ducale. 
 
 Una testimonianza sorprendente costruita sui verbali del maxiprocesso alla mafia istruito nel 1986 da Giovanni Falcone. La storia tragicomica di Enzuccio, pentito privo di credibilità e uomo che non conta nulla; piccolo, diseredato, brutto, cattivo, che rappresenta la sua paradossale ricerca di giustizia e dignità in un mondo dove "essere qualcuno equivale a essere -alias vivere-, mentre essere nessuno equivale a non essere -alias scomparire-".
Per permettere al fratello di pagare i debiti di un commercio di acciughe andato male, Enzuccio fa una rapina al bar della sorella di un mafioso infilandosi in una spirale inarrestabile di conseguenze senza vie di fuga, come la scena del mondo, in cui si svolge lo spettacolo: senza quarta parete, con un'unica uscita che per Enzuccio è solo e soltanto la platea, la credibilità del suo racconto per gli spettatori che sono gli unici
detentori del potere sulla sua vita e sulla sua morte.
Nel 1991 (noi, Maria Piera Regoli, Salvatore Zinna e Federico Magnano San Lio) cominciavamo il lavoro di analisi dei documenti del maxiprocesso alla mafia del 1986 che approderà alle messe in scena di QUANDO TI DICONO UNA COSA, NON CI RISPONDERE, FAI FINTA CHE PESCHI SEMPRE, del 1992, e di DOPPIO LEGAME, del 1993. Le due opere hanno la fatalità di debuttare in un periodo tra i più tragici della storia del nostro paese. Le stragi di Capaci, di via D'Amelio, le bombe ai monumenti di Firenze, Roma, Milano ad opera di Cosa Nostra ci colgono nel pieno del nostro lavoro di approfondimento sul fenomeno mafioso.
Mentre in tutta la Sicilia iniziava una risposta della società civile senza precedenti e si rappresentava la mafia come una mostruosa realtà che nulla aveva a che fare con noi, ci rendevamo conto che alcuni di quegli stessi tragicomici personaggi che riempivano la cronaca del maxiprocesso, avevano un'umanità da mostrarci che ce li faceva sentire pericolosamente vicini; la contiguità culturale che accomunava i bisogni primari di un'intera società: quella mafiosa e quella non mafiosa. La prossimità dell'essere impauriti, impotenti, isolati, sopraffatti dalle prepotenze del mondo. Per molti di questi personaggi Cosa Nostra rappresentava e, forse ancora oggi, rappresenta la protezione dalle prepotenze.
Sgombriamo il campo, allora, da ogni equivoco: non si tratta di giustificare una subcultura di prevaricazione e di morte. Si tratta di scavare alla radice della contraddizione che tiene in piedi il fenomeno. Si tratta di fare i conti con la nostra tragedia.

 
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