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Castello di Montechiaro. Vittoria definitica al C.G.A.

Il Castello di Montechiaro è definitivamente proprietà del Comune di Palma di Montechiaro

 

             "Babbo natale" ha portato un bel regalo ai cittadini palmesi: con decisione definitiva, che chiude il lungo contenzioso instauratosi all'indomani della procedura espropriativa, la Giustizia amministrativa ha riconosciuto la definitiva acquisizione del Castello di Montechiaro al patrimonio del Comune di Palma di Montechiaro. 
 
              Con dispositivo depositato in cancelleria la vigilia di Natale, il Consiglio di Giustizia amministrativa  (http://www.giustizia-amministrativa.it/WebCGARS/DettaglioRicorso.asp?val=200901000)  ha respinto il  ricorso di appello di  Vallesinella s.a.s,  contro la sentenza  del TARS  n. 438 del 3.3.2009
http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Palermo/Sezione%201/2007/200701261/Provvedimenti/200900438_01.XML e condannato la stessa al pagamento delle spese processuali nella misura di 15mila euro.

              La società Vallesinella s.a.s., con atto del 28/12/1972, aveva acquistato dagli eredi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il terreno (fichidindieto, specifica il rogito notarile) contenente i ruderi dell'antico Castello di Montechiaro. A partire dalla fine degli anni ottanta il Comune di Palma di Montechiaro aveva manifestato alla ditta proprietaria l'intendimento di acquistare il Castello, ma la trattativa  era rimasta infruttuosa, per il mancato accordo sul prezzo offerto dall'ente locale, come da stima effettuata dall'Ufficio del Territorio di Agrigento.

              Dieci anni dopo, dopo tante infruttuose trattative con la proprietà; dopo varie ordinanze sindacali con le quali era stata disposta la chiusura del castello, che intanto crollava a pezzi; dopo varie diffide, anch'esse infruttuose, della Soprintendenza ai proprietari per l'esecuzione di urgenti interventi di consolidamento e restauro; nell'inerzia dell'Assessorato regionale ai BB.CC., non immediatamente disponibile a finanziare l'intervento sostitutivo in danno della ditta proprietaria inadempiente, provvedeva il  Comune, tra il 2000 ed il 2001, a finanziare, per 1 miliardo e 800 milioni di lire, il progetto di restauro conservativo redatto dalla Soprintendenza e ad appaltarne l'esecuzione, affidando la direzione dei lavori alla stessa Soprintendenza. Per dare corso ai lavori il Comune avviava la procedura espropriativa, ma ometteva di dare comunicazione ai proprietari di tale avvio del procedimento.

              La Soc. Vallesinella ricorreva innanzi al TARS, che, con sentenza 1646/2005, annullava gli atti della procedura espropriativa, ordinando al Comune di restituire il Castello - a lavori di restauro pressoché ultimati -  nelle condizioni in cui si trovava al momento dell'esproprio. La sentenza era appellata al CGA dal Comune, che, nelle more della definizione nel merito, manteneva il possesso del Castello, ottenendo ordinanza cautelare di sospensione degli effetti della sentenza impugnata (ord. C.G.A. n.990 del 14/12/2005). Con decisione n.788 del 27/12/2006, http://www.giustizia-amministrativa.it/Sentenze/CGA_200600788_SE.doc, l'appello del Comune era in parte accolto, riguardo alla legittimità dell'intervento di restauro in danno della ditta proprietaria, che, per l'effetto era condannata a corrispondere all'Amministrazione le somme all'uopo spese; per la restante parte era invece respinto, relativamente alla procedura ablativa, per la mancanza della comunicazione di avvio del procedimento. Il Cga, in sostanza, confermava la condanna del Comune alla restituzione del bene, ma, insieme, obbligava Vallesinella sas a rimborsare al Comune i soldi spesi per il di restauro.

                  La predetta decisione del CGA e le decisioni giurisdizionali successive (nei quali il Comune è stato difeso dall'avv. Claudio Calafiore, di Palermo) appaiono innovative ed importanti sul piano giurisprudenziale, perché in esse si afferma, da un lato la legittimità dell'intervento sostitutivo in danno, per la tutela di un bene monumentale minacciato da distruzione irreparabile, e l'obbligo del proprietario inadempiente di rifondere l'amministrazione pubblica delle somme spese; dall'altro, viene riconosciuta la facoltà dell'amministrazione pubblica di ricorrere alla procedura straordinaria prevista dall'art. 43 del T.U. delle espropriazioni, per acquisire, con nuova procedura ablativa, il bene privato acquisito illegittimamente per difetto della procedura espropriativa. Ambedue le predette questioni hanno ricevuto dalla vicenda giudiziaria importante ed innovativo riscontro giurisprudenziale, con le ripetute vittorie del Comune e condanne della ditta proprietaria.

                 Prima Vallesinella sas ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione per l'annullamento della decisione del CGA: il ricorso è stato respinto, con condanna al pagamento delle spese. Quindi ha intimato al Comune di restituire il Castello e, di fronte al diniego, lo ha citato in giudizio per l'esecuzione della decisione del CGA prima menzionata: anche tale ricorso è stato respinto e la ditta è stata condannata al pagamento delle spese processuali, con la motivazione che la restituzione del Castello poteva avvenire in concomitanza del pagamento da parte della ditta dei soldi spesi dal Comune per il restauro. 

                   Intanto il Comune, nel marzo del 2007, disponeva l'acquisizione del Castello al suo patrimonio indisponibile, facendo applicazione dell'art.43 del D.P.R.327/2001 e ponendo a base del calcolo del risarcimento il prezzo, rivalutato, della stima dell'Ute, lo stesso prezzo (175 milioni di lire) che era stato posto a base della procedura espropriativa. La legittimità di quest'ultimo atto dell'amministrazione palmese è stata confermata  prima dalla sentanza del Tars, la n. 438 del 3 marzo 2009, ora dalla decisione assunta dal CGA nell'udienza del 17 dicembre scorso e depositata in cancelleria nell'imminenza della festa di Natale, con la quale, appunto, è stato respinto il ricorso di Vallesinella sas e quest'ultima è stata pure condannata al pagamento delle spese processuali.
L'amministrazione comunale è felice del risultato conseguito, molto sofferto per il valore della posta in gioco e per la vicenda complessa ed impegnativa, sviluppatasi in vari giudizi, nei quali è stata acclarata la infondatezza delle pretese degli ex proprietari ed è rifulso il valore della difesa dell'interesse pubblico, di quello del Comune, in particolare, che ha condotto una lunga battaglia per la salvezza del castello, ne ha sostenuto le spesa del restauro e, fatta eccezione per il primo giudizio, si è difeso vittoriosamente in tutte i successivi passaggi giudiziari. 

                   Nella vicenda la controparte è stata sempre la stessa, Vallesinella sas. In realtà, dopo la procedura espropriativa, a causa iniziata, sono usciti dalla società i soci precedenti (Spatafora) ed è entrato Roberto Bilotti Ruggi D'Aragona. Quest'ultimo non aveva niente da spartire con la proprietà del Castello e con la sua storia, se non per il fatto di essersi immesso nella società, dopo che il castello era stato espropriato dal Comune, nel tentativo di acquistarne la proprietà per via giudiziaria, approfittando di una carenza formale commessa nell'avvio della procedura espropriativa. Vallesinella non aveva titolo valido per difendere la proprietà del bene, che ha lasciato colpevolmente in rovina per alcuni decenni, fino al pericolo del collasso definitivo. Il sig. Bilotti  non aveva alcun titolo morale, come potrebbe accampare chi difende un bene suo o appartenuto alla sua famiglia, avendo tentato una operazione speculativa di acquisizione, per via giudiziaria, dopo che il castello era stato espropriato. Nonostante ciò, il sig. Bilotti e Vallesinella sas hanno trovato inusitato sostegno da parte di alti funzionari dell'amministrazione regionale dei BB.CC., colpevolmente messisi al loro servizio, con atti ed azioni che potevano nuocere nella delicata vicenda giudiziaria in corso.

                   In tale complessità e difficoltà, dopo la iniziale sentenza di condanna del TARS, l'amministrazione comunale ha operato con tenacia, intelligenza e maniacale puntigliosità, riportando splendide vittorie giudiziarie, grazie alle quali il castello di Montechiaro, l'edificio più antico e venerando di Palma, uno dei suoi monumenti più importanti, che si identifica con il  territorio costiero e con la storia della città, dopo essere stato acquisito, salvato dalla distruzione ed aperto alla pubblica fruizione, a conclusione della lunga vicenda giudiziaria, resta definitivamente acquisito al patrimonio indisponibile del Comune, meritoriamente conquistato nell'interesse della comunità locale e di tutti gli amanti dell'arte, della storia e del paesaggio.
 

                                                                                                               Il Sindaco
                                                                                                             Rosario Gallo